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Un movimento in movimento

Il movimento CICLIco delle
ruote e della catena della bicicletta simbolizza il movimento continuo della
mente dell’Anarcociclista. Non fermarsi mai, in un perenne viaggio tra lidi
mentali e reali che non può e non vuole avere fine. Questo significa
anche rifiutare valori e ideali imposti dall’esterno; essi hanno valore solamente
se sono il prodotto di questo viaggio. Da qui deriva il tendenziale anticlericalismo
che ci accomuna; da ciò viene anche il nostro conflitto con tutte le
ideologie fossilizzate. Certo, molti di noi, almeno quelli che conosco(me compreso),
vengono da un retroterra marxista; e del marxismo riconosciamo ancora come straordinariamente
attuale l’analisi sociostorica. Ma io ne rifiuto in blocco il dogmatismo, il
quale non potendosi per sua stessa definizione piegarsi agli stortissimi flussi
delle nostre menti lo riduce nella pratica ad un rettile pleistocenico mummificato
centinaia di strati geologici sotto a quello dove ora stridono irruenti le ruote
delle nostre biciclette. Personalmente ho un grande problema con concetti come
“Lotta di Classe”: perché abbattere una classe di oppressori in modo
da permettere che gli oppressi divengano tiranni a loro volta? E poi, di quale
classe oppressa vogliamo parlare oggi nel nostro Occidente consumista e consumato,
dove anche gli operai possono aspirare, esattamente come i ricchi, ad avere
due macchine, due telefoni, due televisori, due stracazzo di tutto? Esiste secondo
me oggi solo una Grande Piccola Borghesia. Questo solo per citare due delle
contraddizioni più scottanti, ma potremmo prendere in considerazione
anche il problema delle avanguardie o cento altri.
Anche dell’anarchismo saccheggiamo tutte le parti che ci interessano, in quanto
ricche di possibilità dinamiche, e rifiutiamo il resto. Riconosciamo
la libertà come valore sommo, insieme a quello della vita dell’uomo.
Aborriamo qualunque tipo di istituzione, ideologia, controllo sociale od altro
che tenti di mettere sotto controllo le nostre vite. Rifiutiamo la delega delle
nostre persone a chiunque non sia noi stessi – siamo noi gli ambasciatori delle
nostre persone. Ce ne strafottiamo dell’altissimo e sommo ideale del lavoro
sul quale è costruita la nostra gloriosa Repubblica: aspiriamo a non
fare un beneamato cazzo di niente per tutto il corso, si spera lungo e godimentoso,
di tutte le nostre stupende vite. E non parliamo qui certo del lavoro come creazione
fatta per sé stessi o per le persone a sé care, che è quello
poi che realmente nobilita l’uomo. Parliamo invece di quello avvilente ed ingrato,
che fa sudare e venire l’ulcera; quello che viene pagato un tot all’ora, al
giorno, alla goccia di sudore… fatelo voi.
Io, personalmente, sono definibile come ambientalista (come la maggior parte
di noi, del resto) in quanto sempre in sintonia con la nostra pratica di movimento,
riconosco di essere semplicemente di passaggio su questa terra, e quindi di
non avere nessun diritto di sciattarla a nostro piacimento. D’altro canto mi
faccio beffe dei miserevoli conservazionisti che si illudono che esistano ancora
luoghi incontaminati sulla terra; siamo coscienti che ormai non esiste nessun
habitat che non sia stato contaminato, manipolato e modificato dalla presenza
umana.

Dr. Molotov, un Anarcociclista

Category: AntoLogica

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