Ott 23, 2008
Mutabilita’ dello linguaggio et della sintaxi
Incominciamo dal principio iniziale, con una bella citazione…macchè dico colta, di più, di più… Biblika!
Che fa sempre fico e zittisce sempre tutti, nonchè ci mette subito dalla parte giusta (la Bibbia è sempre la Bibbia):
once upon a time there was the Nulla! Il vuoto, lo stracazzo di niente!
Opprovatevi voialtri lì ad immaginarvi il niente, ma dico proprio l’assente mancanza di materia-spazio-energia-tempo-etcaeteraetcaetera… vabeí. Poi, diokane, fu il Verbo!!! Eccheccazzo, non si parla mica di seghe qui! Non "io volere fare pupù",
nonnonnònnonnò!
Niente bisogni bassi e volgari e infantili, ma indiscutibilmente il bisognino pi grande della storia e della preistoria messe assieme: quello di fare l’Universo. Si parla qui di volontà divina, imprescindibile, imperscrutabile, inattaccabile, insindacabile, ininterrogabile, inderogabile…
Quindi tutto è iniziato con la parola (e qui la Kiesa è d’accordo con noi, provate a dirci che si erra), con il linguaggio. Quindi il linguaggio è la chiave stessa non solo della vita, ma della stessa struttura portante della materia, nonché dell’antimateria. E fin qui ci siamo. Ma così é la vita?
Movimento, mutazione transgenerazionale ed instancabile attraverso milioni di anni ma anche attraverso i giorni et le ore et i minuti. È adattabilità continuata et reiterata alle condizioni dellíambiente esterno, non solo dal punto di vista dell’abilità genetica delle specie ma anche e soprattutto da quello del singolo individuo che si trova di fronte ad un ambiente soggetto esso
stesso (in quanto prodotto sempre dal Medesimo Verbo Creatore di Tutt’e Cose) a continua mutabilità.
Quindi, se il linguaggio è vita e la vita è un cambiamento messo in atto in ogni singolo istante, non vedo io (e non vediamo noi tutti, dove per noi intendo gli Anarcociclisti) perchè anche il linguaggio non dovrebbe essere Mutazione Kontinua.
Il linguaggio oggi invece è una forma standardizzata, la cui unica funzione è la trasmissione di dati vuoti di significato da uníindividuo-massa all’altro o da un comunicatore di massa ai ricettori impiantati nelle scatole craniche dei cadaveri mummificati al volante.
Trovo repellente che venga spacciata per mutazione una misera atrofia, un ridursi ai modi ed ai verbi più semplici da usare.
Questo impoverimento è dovuto al fatto che, anche nella comunicazione di base, l’individuo-massa non vuole trovarsi di fronte a percorsi che non siano le consuete passeggiate in pianura, unico tipo di esercizio che la loro mente sovraccarica di colesterolo
informativo può sostenere. Vengono liquidati come "arcaicismi" alcuni dei termini e dei modi di dire pi˘ belli della nostra storia linguistica, i dialetti hanno accusato colpi forse irreparabili ed i media ci bombardano di termini rubacchiati all’inglese, che fanno parere ai giornalisti più vicino il sogno nascosto in fondo allíanima di tutti gli eurocittadini di un continente sotto
una unica lingua, un’inglese blando e risciaquito.
Il fronte che si oppone a questa tendenza è quello misero dell’Accademie français che vieta ai bambini delle elementari di scrivere ‘week-end’, in un penoso e xenofobico tentativo di cristallizzare una lingua nella sua "forma perfetta".
L’Anarcociclismo, inenarrabilmente schifato da tutto ciò, propone al mondo di ridare al linguaggio la sua funzione generatrice di vita: usate nelle vostre azioni e performances una lingua sconnessa, sporca, bastarda, iniettata di quei virus sintattici che vi ballano nel kranio.
Anarcociclismo – un linguaggio mutante per un mondo mutante.
Paniko Nelle Strade, una Anarcociclista