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L’Automobilista

L’Automobilista, perfetta e fulgida metafora del non-individuo nella
societa’ massmediologizzata e post-industriale, pone tra se’ stesso e
la bruttura delle necropoli in cemento armato, che si e’ costruito
intorno, uno schermo protettivo: l’autovettura. Viaggiando in auto,
anzi per la precisione spostandosi con essa, egli rinuncia
semiconsapevolmente a raccogliere tutta una serie di stimoli dal mondo
circostante; puo’ ignorare il puzzo schifido e orriodo del proprio tubo
di scappamento perche’ il suo naso e’ coccolato da un ultra sintetico
Arbre Magique all’aroma di Lepre al Cocco; fa finta di niente quando un
clacson attutito oltrepassa la cortina sonora costituita di volta vin
volta, a seconda dei casi, da TUZ TUZ TUZ, Jovanotti o gli ultimi
successi del Festival Di San Remo.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

Morbidi
sedili in pelle di animale scuoiato, che lui magari sogna essere quella
del lavavetri polacco fermo al semaforo, gli fanno dimenticare quanto
siano duri e freddi e pieni di fuliggine i muri degli scatoloni in cui
abita e che chiama
casa. L’Automobilista, dopo uno spostamento
assolutamente indolore e che gli ha permesso di non corrugare mai la
propria corteccia celebrale in una smorfia di perplessita’, riesce ad
arrivare a casa, dove lo aspetta una realta’ altrettanto
tranquillizzante ed altrettanto ammorbidita. Egli qui diventa
Telespettatore, una nuova stupenda categoria, che poi e’ sempre la
stessa, con la quale l’Anarcociclista e’ sempre in lotta.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

Forse
le nostre conclusioni sono altrettanto umanamente errate delle sue, ma
il metodo stesso con il quale siamo pervenuti ad esse ci pone, dal
nostro punto di vista squisitamente soggettivo, in vantaggio.
Proprio
perche’ ci rifiutiamo di riconoscere l’esistenza di iperuraniche ed
incontestabili verita’ assolute non ci gloriamo certo di possedere, in
contrapposizione all’Autista, la perfetta chiave di interpretazione del
mondo.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

L’Anarcociclista,
durante il suo Viaggiare che e’ uno spostarsi attraverso lo spazio ed
il tempo non solo per arrivare da qualche parte (anzi spesso questo
aspetto non ci interessa proprio), ma per raccogliere dati e fare
esperienze
durante il percorso, il quale, proprio perche’
l’Anarcociclista e’ sempre aperto ad ogni tipo di stimolo, muta con il
continuo mutare dell’agente attivo (l’Anarcociclista stesso). Quando
viaggiamo sentiamo sulla nostra nuda pelle
tutti i cambiamenti
dell’ambiente circostante: odori, colori, sensazioni e suoni ci
arrivano in modo diretto, senza la rassicurante protezione di un
parabrezza. Sentiamo il vento ululare e da lui impariamo le canzoni di
tutte le
citta’ che ha attraversato. Rifiutiamo cosi’ in blocco la
sicurezza di una realta’ prefabbricata, premasticata, predigerita e
prevomitata, prendendoci il diritto di costruire la nostra realta’ come
piu’ ci piace, a seconda delle canzoni che il vento ci ha cantato o
delle immagini che abbiamo visto riflesse sulle nuvole rosse al tramonto

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!).

Luther Blissett, un Anarcociclista

Category: AntoLogica

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