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Vietato introdurre biciclette

Nelle banche e nei negozi di tutto l mondo a nessuno importa un cazzo che qualcuno entri con un cavolo sotto il braccio o con un tucano o che dalla sua bocca si snodino come un nastro le canzoni che mi insegno’ la mamma, oppurte che conduca per mano uno scimpanze’ in maglietta a  righe. Ma non appena una persona entra con una bicicletta tutti si  agitano, e il veicolo e’ espulso violentemente in strada mentre il suo  proprietario deve subire gli indignati rimpreoveri degli impiegati.


Per una bicicletta, ente docile e dal comportamento modesto,  costituisce una umiliazione e una beffa la presenza dei cartelli che  le sbarrano il passo ad ogni bella porta di cristallo della citta’. E’  noto che le biciclette hanno cercato con tutti i mezzi di ovviare a  questa loro triste condizione sociale.

Ma assolutamente in tutti i  paesi della terra e’ vietato introdurre biciclette. Alcuni aggiungono  "e cani", precisazione che raddoppia nelle biciclette e nei cani il complesso di inferiorita’. Un gatto, una lepre, una tartaruga, possono virtualmente entrare alla Rinascente o negli studi degli avvocati del centro citta’ senza suscitarealtro che sorpresa, somma delizia fra le telefoniste ansiose o al massimo un ordine al portiere di sbattere fuori i suddetti animali. Puo’ accadere anche questo, ma non e’ cosa umiliante, innanzi tutto perche’ rappresenta una probabilita’ fra molte altre, e poi perche’ scaturisce come effetto di una causa e non di una fredda macchinazionepreordinata, orribilmente impressa su targhe di bronzo o  di smalto, serigrafate su alluminio nodizzato, tavole dell’inesorabile  legge che umilia la semplice spontaneita’ delle biciclette, creature  innocenti.


Ad ogni modo, attenti a quel che fate, direttori anche le rose sono ingenue e dolci, ma forse sapete che in una guerra  di due rose perirono principi che erano come neri fulmini, accecati da  petali di sangue. Non vi accada che le biciclette si destino un giorno  irte di spine, che le manopolie dei loro manubri si rizzino  disponendosi per l’attacco, che, corazzate di furore, assaltino a  legioni i cristalli delle compagnie di assicurazioni, e che il ferale  giorno si chiuda con il tracollo in borsa, con un lutto di  ventiquattro ore, e biglietti listati di nero con cui la famiglia  commossa ringrazia.

Reverendo mnths

L’Automobilista

L’Automobilista, perfetta e fulgida metafora del non-individuo nella
societa’ massmediologizzata e post-industriale, pone tra se’ stesso e
la bruttura delle necropoli in cemento armato, che si e’ costruito
intorno, uno schermo protettivo: l’autovettura. Viaggiando in auto,
anzi per la precisione spostandosi con essa, egli rinuncia
semiconsapevolmente a raccogliere tutta una serie di stimoli dal mondo
circostante; puo’ ignorare il puzzo schifido e orriodo del proprio tubo
di scappamento perche’ il suo naso e’ coccolato da un ultra sintetico
Arbre Magique all’aroma di Lepre al Cocco; fa finta di niente quando un
clacson attutito oltrepassa la cortina sonora costituita di volta vin
volta, a seconda dei casi, da TUZ TUZ TUZ, Jovanotti o gli ultimi
successi del Festival Di San Remo.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

Morbidi
sedili in pelle di animale scuoiato, che lui magari sogna essere quella
del lavavetri polacco fermo al semaforo, gli fanno dimenticare quanto
siano duri e freddi e pieni di fuliggine i muri degli scatoloni in cui
abita e che chiama
casa. L’Automobilista, dopo uno spostamento
assolutamente indolore e che gli ha permesso di non corrugare mai la
propria corteccia celebrale in una smorfia di perplessita’, riesce ad
arrivare a casa, dove lo aspetta una realta’ altrettanto
tranquillizzante ed altrettanto ammorbidita. Egli qui diventa
Telespettatore, una nuova stupenda categoria, che poi e’ sempre la
stessa, con la quale l’Anarcociclista e’ sempre in lotta.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

Forse
le nostre conclusioni sono altrettanto umanamente errate delle sue, ma
il metodo stesso con il quale siamo pervenuti ad esse ci pone, dal
nostro punto di vista squisitamente soggettivo, in vantaggio.
Proprio
perche’ ci rifiutiamo di riconoscere l’esistenza di iperuraniche ed
incontestabili verita’ assolute non ci gloriamo certo di possedere, in
contrapposizione all’Autista, la perfetta chiave di interpretazione del
mondo.

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!)

L’Anarcociclista,
durante il suo Viaggiare che e’ uno spostarsi attraverso lo spazio ed
il tempo non solo per arrivare da qualche parte (anzi spesso questo
aspetto non ci interessa proprio), ma per raccogliere dati e fare
esperienze
durante il percorso, il quale, proprio perche’
l’Anarcociclista e’ sempre aperto ad ogni tipo di stimolo, muta con il
continuo mutare dell’agente attivo (l’Anarcociclista stesso). Quando
viaggiamo sentiamo sulla nostra nuda pelle
tutti i cambiamenti
dell’ambiente circostante: odori, colori, sensazioni e suoni ci
arrivano in modo diretto, senza la rassicurante protezione di un
parabrezza. Sentiamo il vento ululare e da lui impariamo le canzoni di
tutte le
citta’ che ha attraversato. Rifiutiamo cosi’ in blocco la
sicurezza di una realta’ prefabbricata, premasticata, predigerita e
prevomitata, prendendoci il diritto di costruire la nostra realta’ come
piu’ ci piace, a seconda delle canzoni che il vento ci ha cantato o
delle immagini che abbiamo visto riflesse sulle nuvole rosse al tramonto

(AH! AH! AH! AH! AH! AH! AH!).

Luther Blissett, un Anarcociclista

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